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Risarcimento per morte in casa di riposo con colpa del personale responsabile: la storia della signora Tosca


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9 Marzo 2022

Il fatto

Erano le otto del mattino quando il cellulare di Marina squillò in modalità silenziosa, mentre accompagnava in auto sua figlia a scuola. Marina non riuscì a sentire subito la chiamata. Appena lasciata la bimba davanti ai cancelli della scuola, risalì in auto e vide il numero della chiamata perduta sullo schermo del telefono.

Riconobbe subito quel numero, perché era della casa di cura per anziani dove sua madre Tosca, ottantanovenne, risiedeva da un anno, a causa della demenza senile – che le aveva tolto l’autonomia – e di una malattia cronica al sistema motorio, che le impediva di muoversi senza aiuto.

Al telefono rispose la responsabile di sala, che le chiese di raggiungere la struttura perché sua madre, quella mattina presto, nel tentativo di raggiungere il bagno, era caduta e aveva battuto la testa sul pavimento del corridoio. Nonostante ci fosse il personale sanitario con lei, non potevano fornire informazioni precise sulle sue condizioni.

Marina partì subito, chiamò l’ufficio per avvisare che non sarebbe andata al lavoro quella mattina e, nel frattempo, avvisò suo fratello Carlo.

Dopo circa mezz’ora di auto, percorsi i trenta chilometri fino alla casa di cura vicino a Padova, agitata e preoccupata, Marina arrivò a destinazione. Appena entrò nell’atrio, Paola, la responsabile di turno, andò subito incontro a lei, comunicandole che, dieci minuti prima, sua madre Tosca era morta, a causa del trauma cerebrale dovuto alla caduta.

Marina non riesce a ricordare le sue sensazioni di quel momento, ma sa solo di essere stata fatta sedere, di aver ricevuto un bicchiere d’acqua e di aver visto arrivare suo fratello Carlo.

Le responsabilità della casa di cura

Passarono giorni e settimane. Alla fine, Marina trovò la forza e la lucidità per chiedersi come fosse potuto accadere e perché sua madre fosse stata lasciata sola, quel mattino, nel corridoio fino al bagno.

Quando avevano trasferito sua madre nella casa di cura, le avevano consegnato la cartella clinica completa, con tutte le visite mediche e le indicazioni sulla necessità di sorveglianza costante. Tuttavia, distratta dalla frenesia del lavoro e della famiglia, aveva letto con superficialità la parte in cui si precisava che sua madre non poteva essere lasciata sola.

Marina si chiese chi fosse di turno quella notte, fino all’alba, e perché non ci fosse un inserviente nel corridoio a vigilare e accogliere eventuali chiamate degli ospiti. Tuttavia, quando cercò risposte dalla casa di cura, non ottenne nessun riscontro sincero né, tantomeno, soddisfacente.

La scelta di Marina e Carlo: incaricare dei professionisti del risarcimento danni 

Marina decise di parlarne con suo fratello Carlo, che, in passato, aveva avuto rapporti di lavoro con il consulente di Infortunistica Tossani della sede di Cavarzere. Contattarono il consulente e, il giorno successivo, vennero ricevuti presso la Direzione di Infortunistica Tossani, a Bologna. Marina e Carlo furono messi al corrente delle possibili azioni da intraprendere; la Direzione Tecnica si attivò subito.

A quel punto, Marina presentò una querela alla Procura della Repubblica. La situazione era chiara, considerato il contenuto della cartella clinica e la relazione medica al momento del ricovero, oltre al fatto che sua madre era stata lasciata sola, quella mattina.

Allo stesso tempo, la segreteria di Infortunistica Tossani inviò una richiesta di risarcimento per danni morali alla casa di cura, chiedendo le relative coperture assicurative.

L’accertamento dei fatti

Passarono quattro mesi di silenzio, fra la segretezza delle indagini delle Autorità e l’omertà del legale rappresentante della casa di riposo. Fino a quando il Pubblico Ministero, tramite la sua Cancelleria, inviò all’avvocato penalista, scelto da Marina e Carlo fra i nostri fiduciari, l’avviso della chiusura delle indagini, la richiesta di rinvio a giudizio di tre persone del personale della struttura e la comunicazione circa la possibilità di ottenere una copia di tutti gli atti istruttori.

Cosa fece Infortunistica Tossani per ottenere il risarcimento per danni morali

Una volta reperiti, gli atti furono inoltrati dalla nostra Direzione Tecnica all’ufficio sinistri della compagnia di assicurazioni che, a differenza del comportamento iniziale della casa di riposo, dopo una sola settimana, si rese disponibile a iniziare una trattativa per la liquidazione del danno morale subito da Carlo, Marina e dalla sua bimba, la nipotina della signora Tosca.

Alla disponibilità della controparte di iniziare le trattative e l’ammissione che si trattava, con evidenza, di un profilo di responsabilità per culpa in vigilando, tuttavia, non fece seguito un approccio corretto per la quantificazione del danno. Per l’appunto, il dialogo fra la nostra area tecnico-liquidativa e la compagnia assicurativa non fu né scontato né semplice.

Trattandosi del decesso di una persona di quasi novant’anni, per quantificare e liquidare i danni morali dei familiari, il servizio sinistri della compagnia di assicurazioni intendeva applicare i criteri riconducibili, per altro in modo molto vago, confusionario e poco suffragato da coerenza giuridica, ai principi di perdita di chance di sopravvivenza e di perdita di occasione di una buona qualità del periodo residuale di vita. Tutto questo richiamandosi, addirittura, ai parametri usati in giurisprudenza per il cosiddetto “danno al grande anziano”, principio noto alla medicina legale, nel caso di lesione a persona in età molto avanzata.

Tutti criteri e principi che comportano, in percentuale, un abbattimento dell’importo da risarcire e liquidare, ma che non erano compatibili e applicabili al caso della signora Tosca, la quale, pur essendo molto anziana e non in salute, non era affetta da nessuna patologia che, in modo conclamato, facesse supporre una sua morte prematura.

Fatto ancora più importante: non si poteva fare riferimento a un peggioramento della qualità della vita residua dell’anziano, poiché la signora Tosca non aveva subito una lesione grave – era deceduta dopo qualche ora dall’evento.

Per la nostra Direzione Tecnica, non fu facile fare intendere alla controparte l’infondatezza di quanto affermava. Non a caso, si tennero molti contatti e sessioni di trattativa.

Come fu trovato l’accordo per il risarcimento

Solo il paventare di un contenzioso civile da parte nostra indusse il servizio sinistri della compagnia di assicurazione, trattandosi di tematiche giuridiche molto complesse, a rivolgersi, in via riservata, al parere del proprio avvocato civilista fiduciario centrale. Il legale confermò che avevamo ragione e sconsigliò di affrontare l’inevitabile causa.

Così, l’accordo fu raggiunto. Carlo, Marina e la sua bimba furono risarcite con un importo rapportato all’età della signora Tosca: fu una cifra corretta, proporzionata e, soprattutto, non decurtata in modo arbitrario.

È vero. La signora Tosca aveva quasi novant’anni: si stava incamminando verso la fine della sua vita. Tuttavia, questo fatto non incide mai sulla sofferenza dei congiunti superstiti.

In altre parole, e senza dubbio, l’età avanzata del deceduto è sì un parametro per quantificare il risarcimento del danno. Occorre però notare che, in questi casi, il risarcimento non può essere a favore del danneggiato diretto – purtroppo venuto a mancare -, bensì è corrisposto ai suoi congiunti più stretti; e il loro dolore non cambia né è diverso, minore o maggiore, a seconda dello stato di salute dell’anziano.

Nota bene: per rispetto della privacy dei nostri clienti, i nomi citati in questo caso sono di pura fantasia.

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