Bambino deceduto investito dallo scuolabus
Quando la colpa è attribuibile al comportamento del conducente?
Il caso preso in esame applica l’ordinanza n. 1106/18 del 18 gennaio definita dalla Sesta Sezione della Cassazione Civile. In base a tale normativa il conducente di scuolabus è obbligato per legge ad attendere che tutti passeggeri si portino a distanza di sicurezza dal veicolo prima di riprendere la marcia.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione dopo che, sia il Tribunale che la Corte d’Appello, avevano respinto la richiesta di risarcimento dei genitori della vittima.
La vicenda tragica riguarda un bambino di 4 anni deceduto in prossimità della fermata dell’autobus: dopo essere sceso dallo scuolabus, il bambino, mano nella mano con la madre, è caduto ed è stato investito dal mezzo.
La famiglia della vittima ha chiesto dunque un risarcimento danni al conducente dello scuolabus imputandogli di non aver prestato sufficiente attenzione ai passeggeri in prossimità del mezzo prima di ripartire.
La domanda risarcitoria viene respinta in Corte d’Appello: le ragioni della Corte
La Corte d’Appello, sulla scia della sentenza già emessa dal Tribunale, ha deciso di respingere la richiesta di risarcimento dopo aver accertato che lo scuolabus fosse ripartito soltanto nel momento in cui il bambino sembrava essere al sicuro poiché già raggiunto dalla madre. La Corte d’Appello ha accertato inoltre i fatti avvenuti immediatamente dopo la ripartenza del mezzo: il bambino era caduto ed era stato investito da una delle ruote posteriori dell’autobus.
Questi fatti hanno portato il Giudice della Corte d’Appello a considerare senza colpa la condotta del conducente del veicolo.
Il ricorso in Cassazione e il vizio di sussunzione
Alla luce del verdetto di non colpevolezza però, i genitori della vittima hanno presentato ricorso in Cassazione ritenendo che il conducente non avesse atteso il tempo necessario alla messa in totale sicurezza del figlio, causandone la morte.
La Cassazione si è allineata alla posizione dei genitori, imputando agli accertamenti fatti dalla Corte d’Appello il vizio di sussunzione, ovvero “un errore di giudizio che consiste nello scegliere in modo sbagliato quella, tra le norme dell’ordinamento, di cui deve farsi applicazione nel caso concreto”.
Partendo da questo presupposto, la Cassazione ha valutato se la condotta tenuta dal conducente fosse stata conforme:
- ai precetti del codice della strada;
- alle regole di ordinaria prudenza esigibile nel caso concreto.
Ciò che ha rilevato la Cassazione ha confermato il vizio di sussunzione imputato alla Corte d’Appello. Il Giudice della Corte infatti ha applicato falsamente le regole del codice della strada che disciplinano la condotta dei conducenti, valutando che alla ripartenza “l’autista doveva badare al traffico e non poteva prospettarsi una caduta del minore, sotto la diretta sorveglianza della madre che la teneva per mano”. In questo modo infatti il Giudice “omette di considerare negligente la condotta di guida del conducente che sia stata accertata non conforme a detta regola di condotta”.
A questo punto, la valutazione del grado di colpa imputata al conducente dello scuolabus sarà determinata dal Giudice di rinvio che, nonostante le constatazioni della Cassazione, dovrà comunque tenere conto anche della condotta della madre del bambino.
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