Medico sbaglia test del DNA: obbligo risarcimento
Per anni un figlio ha erroneamente creduto che un uomo che con lui non aveva alcun rapporto di sangue fosse suo padre. Il motivo? Un test del DNA che attribuiva all’uomo la paternità del giovane.
A seguito di una seconda verifica, avvenuta a 2 anni di distanza dalla prima, è stata scoperta la verità: il test era sbagliato e la paternità del figlio era da imputare a tutt’altra persona.
L’errore del medico, che ha comportato il grave fraintendimento, non è stato perdonato dalla madre del ragazzo. Questa ha infatti avanzato una richiesta di risarcimento al dottore e alla struttura ospedaliera in cui l’esame ha avuto luogo.
Sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno accolto senza obiezioni quanto avanzato dalla donna e, in secondo grado, hanno stabilito una cifra di 47mila euro come risarcimento per danno psicologico, ovvero per tutte le ripercussioni negative che l’equivoco avrebbe comportato nella vita del ragazzo.
Ma per la madre non era abbastanza e ha deciso infatti di presentare ricorso in Cassazione chiedendo che venisse riconosciuta, per il figlio, anche la perdita del rapporto parentale, avvenuta bruscamente in seguito alla scoperta.
Richiesta, questa volta, respinta dalla Suprema Corte, che ha escluso l’ipotesi di un aumento della cifra stabilita nel precedente grado di giudizio.
I magistrati hanno chiarito, a tal proposito, che la somma determinata già includeva il risarcimento per questo fatto, contrariamente a quanto precedentemente sostenuto. Hanno infatti ricordato che “il danno conseguente alla lesione del rapporto parentale – e non soltanto alla sua perdita – deve essere riconosciuto in relazione a qualsiasi tipo di rapporto che abbia le caratteristiche di una stabile relazione affettiva, indipendentemente dalla circostanza che il rapporto sia intrattenuto con un parente di sangue o con un soggetto che non sia legato da un vincolo di consanguineità naturale”.
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