Vaccini e autismo: nessun indennizzo riconosciuto
La Corte di Cassazione è ferma nel sostenere che non vi siano nessi tra i vaccini e l’autismo. Lo ha ribadito con l’ordinanza n. 19699/18 del 25 luglio relativa ad un caso affrontato dal Tribunale di Napoli.
Richiesta di indennizzo per bambino affetto da autismo
Il padre di un bambino aveva chiesto un risarcimento danni (appellandosi alla Legge 210/1992 relativa agli indennizzi per danni causati dalle vaccinazioni) dopo che il figlio aveva sviluppato la malattia dell’autismo. La malattia è insorta a due anni dalle vaccinazioni obbligatorie somministrate nel 2001 al piccolo: la Cinquerix (contro difterite, tetano, pertosse, poliomielite e haemophilus influenzale b) e la Engerix B (contro l’epatite b).
Il processo legale non ha riconosciuto, né in primo grado né in secondo grado di giudizio, valida la richiesta di indennizzo. Il genitore del bimbo ha quindi effettuato ricorso in Corte di Cassazione.
Indennizzo negato
La Cassazione si è allineata con quanto giudicato dai precedenti Tribunali, non riconoscendo connessione tra la malattia e i vaccini effettuati sul bambino.
Il Collegio ha inoltre colto l’occasione per ribadire che, ai fini dell’ottenimento dell’indennizzo di cui alla Legge 210, l’interessato ha l’onere di provare:
- l’effettuazione della terapia trasfusionale o la somministrazione vaccinale;
- il verificarsi del danno alla salute;
- il nesso causale tra questi due elementi, secondo un criterio di ragionevole probabilità scientifica.
Nel caso di specie, la relazione del consulente tecnico evidenziava sia lo stato della letteratura scientifica in materia – che definiva “non comune o rara” la reazione avversa a carico del sistema nervoso ai vaccini – sia le circostanze del caso concreto che non consentivano di ritenere ipotizzabili tali reazioni non essendovi stato alcun ricovero del figlio né alcuna visita neurologica per asserite reazioni allergiche al vaccino. Dalla CTU emergeva inoltre che la diagnosi della sindrome autistica era stata formalizzata almeno due anni dopo la somministrazione del vaccino.
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